domenica 24 aprile 2016

Cronache dalla storia: Lucio Elio Seiano - Parte 2

La persecuzione di Agrippina e l'allontanamento di Tiberio da Roma (23-29 d.C.)


Nel 23 d.C, Tiberio reagì con virile fermezza alla morte del suo figlio, che pure spesso aveva rimproverato per la sua dissolutezza. Stette in lutto pochi giorni, per poi ripresentarsi in Senato, per nominare suoi eredi Nerone e Druso Cesare, figli di Germanico. Ed ecco il discorso di Tiberio che Tacito riporta:

 “Padri coscritti, affidai costoro, quando rimasero orfani del loro padre a loro zio, e lo pregai, benchè egli avesse figli suoi, che ne avesse cura come figli suoi, li allevasse e li rendesse simili a sé e degni della posterità. Poiché Druso mi è stato strappato, rivolgo a voi le mie preghiere e vi supplico di fronte agli dei ad alla patria, accogliete, guidate e compite il vostro dovere ed il mio nei confronti dei pronipoti di Augusto, nati da illustrissimi antenati. Costoro, Nerone e Druso, siano per voi come padri. Siete nati da condizione così elevata che il vostro bene ed il vostro male riguardano lo Stato”.

Tacito, Annali, Libro IV

Tuttavia, Tiberio era stato provato dall'esperienza della perdita d'un figlio. E lo dimostra il fatto che, dopo aver finito questo discorso, iniziò a vagheggiare di lasciare il potere ai consoli ed ai senatori, e di ritirarsi. Tacito, ostile a Tiberio, dice invece che sono propositi vani e spesso oggetto di scherno.
Dunque Seiano ha ancora degli ostacoli davanti a sé. E per questo, dal 24 d.C, inizia un'azione di disturbo nei confronti del casato di Germanico, capeggiato dall'impulsiva vedova Agrippina Maggiore, che vedeva in Tiberio l'assassino di suo marito. Evidentemente non paga della condanna di Pisone, la donna probabilmente stanno incominciando a tramare delle congiure contro Tiberio. Ma di questo parleremo più avanti.

Dunque Seiano, nel 24 d.C, avviluppa nei suoi disegni Gaio Silio, che pure aveva conseguito importanti obiettivi in Germania, sconfiggendo il ribelle Sacroviro. Seiano ebbene Varrone, un console, come suo complice, dato che suo padre era stato rivale del padre di Silio. QUest'ultimo non aspettò la condanna: si suicidò prima. Sua moglie, Sosia Galla, fu invece esiliata sotto altre accuse. L'anno dopo, a cadere fu Cremuzio Cordo, famoso storico che aveva scritto un'opera annalistica su Roma, dove aveva elogiato Bruto e Cassio. Quest'ultimo fatto fu il capo di accusa che usarono Satrio Secondo e Pinario Natta, clienti di Seiano. Cordo provò a difendersi, dicendo che anche storici del passato avevano elogiato i cesaricidi, e che in passato, sotto Cesare ed Ottaviano, non c'era stata una simile censura d'opinione, ma fu tutto inutile. Cordo si lasciò morire di fame, mentre le copie della sua opera vennero bruciate. Grazie alla figlia di Cordo, Marcia, però, l'opera sopravvisse e fu ripubblicata sotto Caligola. Il motivo di questo processo, però, va cercato in un altro fatto, narrato invece da Seneca: pare infatti che Cordo, quando Tiberio annunciò che Seiano avrebbe avuto una statua nel Teatro di Pompeo (vedi parte precedente), abbia esclamato ''ora sì che il Teatro di Pomepo è rovinato!''. Dunque Cordo faceva parte di quella fazione ostile a Seiano, capeggiata, come già detto, dall'energica Agrippina. Ma Seiano non voleva sterminare i membri di quel partito, per non sembrare un persecutore, ma semplicemente spaventarne i membri, processandone i componenti più fieri.

Seiano e Livilla, in un disegno dall'opera di Alfred J. Church Roman Life and Story
                                                                                         
Sempre nel 25 d.C, Seiano inoltre chiede la mano di Livilla a Tiberio. Tacito ci riporta il dialogo fra i due, che avviene in forma epistolare. Riporto qui sotto la richiesta precisa di Seiano, sempre dal libro IV degli Annales:

''Seiano intanto, inebriato dall'eccessiva fortuna e per di più pressato dalle appassionate richieste di una donna, perché Livia insisteva per il matrimonio promesso, indirizzò una petizione a Cesare: era allora pratica corrente porre la richiesta per iscritto al principe, anche se presente. Ed ecco il tenore dello scritto: la benevolenza di suo padre Augusto e poi i molteplici apprezzamenti di Tiberio lo avevano abituato a confidare speranze e desideri non agli dei prima che al principe. Non aveva mai chiesto per sé lo splendore di alte cariche; preferiva veglie e fatiche, soldato tra i soldati, per l'incolumità del suo imperatore. Pure gli era toccato il più bello degli onori, l'essere ritenuto degno di imparentarsi con Cesare. Da qui nasceva la sua speranza. E poiché aveva saputo che Augusto, per le nozze della figlia, aveva pensato anche a cavalieri romani, allora, quando cercasse un marito per Livia, non si dimenticasse di un amico, cui bastava la sola gloria di un legame di parentela. Non intendeva infatti esimersi dai doveri assegnatigli: gli bastava pensare che la casa del principe fosse al sicuro dai malevoli attacchi di Agrippina, e ciò nell'interesse dei suoi figli. Quanto a sé, la vita gli sarebbe più che bastata, pur di passarla accanto a un simile principe.'' 

La risposta di Tiberio è invece la seguente:

''Nella risposta Tiberio lodò la devozione di Seiano, accennò con garbo ai benefici in suo favore e chiese tempo per una approfondita riflessione. Aggiunse poi alcune considerazioni: per gli altri uomini il criterio della scelta è l'utilità personale; ben diverso invece il destino dei principi, i cui atti fondamentali devono essere rivolti a conseguire la fama. Non era perciò il caso di soffermarsi sulla considerazione, come sarebbe stato facile ribattere, che Livia poteva benissimo stabilire da sola se avere, dopo Druso, un altro marito o se, invece, accettare di vivere nella sua casa di un tempo: aveva una madre e una nonna per consigli e confidenze più intime. E intendeva parlare con una certa franchezza anzitutto sulle ostilità di Agrippina, che sarebbero divampate assai più violente, se il matrimonio di Livia avesse spezzato per così dire in due partiti la casa dei Cesari. Già così erompeva la rivalità fra le due donne e di tale discordia erano vittime i suoi nipoti. Cosa aspettarsi, se, con tale matrimonio, la contesa si fosse inasprita? ''Sbagli infatti, Seiano, se pensi di restare nel tuo rango e che Livia, un tempo consorte di Gaio Cesare e poi di Druso, possa rassegnarsi a invecchiare al fianco di un cavaliere romano. Potrei consentirlo io, ma credi che lo accetteranno quanti hanno visto nelle pi? alte cariche dell'impero il fratello di lei, il padre, i nostri antenati? Dici di voler rimanere al tuo posto: ma quei magistrati e quei cittadini d'alto rango che, contro tua voglia, forzano il tuo riserbo per consultarti su ogni problema, dichiarano apertamente che già da tempo hai superato il livello di cavaliere e stai ben oltre gli amici di mio padre e, insofferenti della tua posizione, accusano anche me. Certo Augusto ebbe l'idea di dare sua figlia a un cavaliere romano. E davvero sorprende che, assillato da ogni tipo di problemi, e pur prevedendo l'altissimo prestigio assegnato a chi avesse messo al di sopra degli altri con tale matrimonio, abbia potuto parlare di un Gaio Proculeio e di altri noti per la loro vita riservata e per la loro estraneità alla vita politica. Ma se ci colpisce questa incertezza di Augusto, quanto maggior peso ha il fatto che abbia dato in moglie la figlia prima a Marco Agrippa e poi a me! Sono considerazioni, queste, che ho voluto esprimerti in nome dell'amicizia; tuttavia non sarò io ad avversare i propositi tuoi e di Livia. Preferisco tacere per il momento quale progetto accarezzo nella mia mente e con quali vincoli penso di legarti a me: solo in questo sarò esplicito, che non vi è nulla di tanto eccelso che le tue capacità e il tuo atteggiamento verso di me non meritino. A suo tempo parlerò o in senato o davanti al popolo''.''

Le traduzioni vengono dal sito Progetto Ovidio

Tiberio, dunque, è ancora cosciente del potere del suo prefetto, e conosce molto bene la sua natura. Il, seppur fra molte lodi, rifiuto che Tiberio da a Seiano ci conferma che il principe era ancora cosciente delle potenzialità di Seiano.

Il 26 d.C è un anno chiave per Seiano: Tiberio parte da Roma, e si esilia volontariamente prima a Sperlonga, poi a Capri. Il motivo di ciò non è molto chiaro: alcuni storici attribuiscono questo spostamento alle trame di Seiano, che lo aveva convinto a diffidare di Roma, parlandogli di numerose congiure ai suoi danni ordite da Agrippina (alla quale faceva sapere, d'altro canto, che Tiberio programmava di avvelenarlo; e questo addirittura spinse la donna a rifiutare una mela a un banchetto con l'imperatore). Tuttavia, questa teoria è contrastata dal fatto che Tiberio rimase a Capri 5 anni dopo la morte di Seiano, quindi è più probabile che quella di Tiberio fosse una decisione che accarezzava da tempo. Infatti l'anziano principe (aveva 68 anni, che era moltissimo per quell'epoca) era flagellato da numerose pustole e sfregiature, e probabilmente avrebbe voluto nascondere l'aspetto decadente al popolo. Nel suo primo esilio a Sperlonga, accade un fatto che aumenta la stima di Tiberio per Seiano; mentre il principe pranzava nella Spelunca, grotta ancora oggi visibile piena di ritratti di Odisseo, che Tiberio considerava suo antenato, o comunque del ciclo omerico, ci fu un crollo, che uccise molti commensali. Seiano invece piantò i piedi e protesse il principe col suo corpo. A Capri, Svetonio e Tacito dicono che Tiberio si lasciò andare alle più efferate crudeltà e perversioni; ma ciò è oggetto di dibattito degli storici moderni, che vedono in questi resoconti tentativi di diffamare il principe.

Orgia romana al tempo di Tiberio, Henryk Siemiradzki (1881)
Comunque sia, Seiano dapprima segue Tiberio, assieme a Cocceio Nerva (nonno dell'imperatore Nerva), Curzio Attico ed un gran seguito di greci, specialmente astrologi, ma poi, invece di seguire l'imperatore a Capri, torna a Roma, dove rappresenta l'imperatore, e ha quindi un potere immenso nelle sue mani. Cadono uno ad uno, gli amici di Agrippina: nel 28 d.C., è il turno di Tizio Sabino, colpito grazie ad un subdolo stratagemma: Seiano aveva mandato un suo cliente, Laziare, che si fingesse suo confidente. Sabino aveva quindi criticato aspramente Tiberio e Seiano, cosa che Laziare prontamente riportò al Senato. Sabino è condannato a morte; il suo cadavere è gettato nel Tevere, e pare che persino il cane di Sabino si sia gettato in acqua, per cercare di non far affondare il corpo nelle acque. Questo provocò grande commozione, mentre Tiberio espresse pubblicamente approvazione per il processo, dicendo di essersi liberato di un nemico di Roma. Ma Agrippina e figli erano ancora a piede libero. Seiano aveva però già pensato a come colpirli, e aveva già attivato alcuni clienti, che, come era successo per Sabino, si fingessero amici di Nerone, e lo spingessero a criticare Seiano; neanche a casa il giovane erede era sicuro, perché sua moglie, Giulia Livia, era figlia di Livilla. Giulia Livia quindi spifferava tutte le confidenze del marito a Livilla, che le diceva a Seiano. Nerone era ormai solo, nessuno lo salutava più per strada, e per di più era tradito anche dal fratello Druso Cesare, nel quale Seiano aveva aizzato una profonda gelosia; infatti Druso riteneva che Nerone godesse di un trattamento di favore. Il 29 d.C è un anno importante, perché muore l'inossidabile vedova di Ottaviano Augusto, Livia Drusilla, alla veneranda età di 85 anni (come un'ultracentenaria odierna), che era madre di Tiberio. La sua autorità da eminenza grigia della casa imperiale aveva tenuto a freno il figlio e Seiano. Ma Tiberio non l'amava, tant'è che mandò Gaio Cesare (Caligola), a fare l'elogio funebre a Livia, ed evitò che gli venissero conferiti onori divini. Poco dopo la morte dell'Augusta, esce fuori una lettera di Tiberio. Alcuni ritengono che tale lettera fosse stata tenuta nascosta da Livia finché questa era in vita. Tale lettera accusa Agrippina di superbia e Nerone di perversione. Cotta Messalino, un senatore, vorrebbe subito condannare Agrippina ed il figlio, mentre Giunio Rustico invita alla moderazione, affermando che le intenzioni del principe non erano chiare nello scritto, e che avrebbe potuto cambiare idea. Inoltre, il popolo, che, come si è detto, amava la casata di Germanico, si asserragliò fuori dalla Curia Iulia, portando delle immagini di Agrippina e Nerone, e affermando che la lettera era falsa. Il senato quindi cedette e non si prese nessuna decisione funesta in quel giorno. Ma, mentre Seiano affermava che il potere dello Stato aveva fallito, dicendo che mancavano solo i capi militari per un colpo di stato, ecco che arriva una lettera sdegnata di Tiberio da Capri. Il principe è irato, dato che il suo cenno non è stato eseguito, e solleva il senato da ogni incarico nel processo ad Agrippina e Nerone. Qui il libro V degli Annales finisce, e il libro VI ricomincia da dopo la morte di Seiano, nel 31 d.C. La parte in mezzo, purtroppo, non ci è pervenuta, quindi non è chiaro cosa accadde fra il 29 e il 30 d.C ad Agrippina ed il figlio: ma ambo furono condannati all'esilio, la prima a Ventotene, dove era già stata esiliata la dissoluta madre Giulia, il secondo a Ponza. Agrippina subì le peggiori torturi in carcere: fu fustigata da un centurione e gli fu cavato un occhio. Provò a morire di inedia, ma Tiberio ordinò che venisse sfamata forza. Agrippina morì nel 33 d.C, due anni esatti dopo la caduta di Seiano (infatti i due antagonisti morirono nel medesimo giorno, il 18 Ottobre). Nerone, invece, si suicidò, non si sa se istigato con degli uncini o di sua spontanea volontà, nell'anno 31 d.C. Quanto a Druso Cesare, tradito da Seiano, anch'esso fu condannato nel 30 d.C, grazie alla perfida (o almeno così ce la descrivono le fonti) moglie Emilia Lepida, che, a quanto pare, lo perseguitò con accuse per tutto il matrimonio, e rinchiuso nelle segrete del Palatino, dove morì di fame nel 33 d.C, dopo aver provato a mangiare l'imbottitura del materasso. Probabilmente Agrippina non era innocente, anzi, le congiure di cui parlava Seiano dovevano essere vere, dato che sia Agrippina che Druso Cesare rimasero in prigionia altri due anni, dopo la caduta di Seiano.

Busto di Agrippina Maggiore, al Museo Archeologico di Istanbul 


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